Con l’incremento dell’età media e della popolazione anziana e la conseguente maggiore longevità sono aumentate alcune patologie come quelle cardiovascolari, quelle metaboliche e soprattutto le malattie neurodegenerative come la Demenza. Il tutto conduce ad aumento indiscusso anche della popolazione anziana malata e non autosufficiente, che va a gravare sul sistema socio- sanitario.
La Demenza è considerata una sindrome che provoca un decadimento cognitivo (memoria, linguaggio, orientamento spazio temporale,attenzione e programmazione) e una compromissione della persona in molti aspetti della vita comprese le relazioni sociali e familiari. Il suo decorso progressivamente invalidante si sviluppa, solitamente, lungo un tempo di molti anni rendendo il percorso di cura e assistenza gravoso, complesso e sottoposto a continue riorganizzazioni; molti compiti di cura ricadono in modo sostanziale e preponderante sulle famiglie, che rappresentano la principale fonte di assistenza e tutela per i suoi componenti.
Così, all’interno della famiglia, la malattia determina profonde trasformazioni di ruolo: chi si prende cura del malato? chi si assume quei ruoli nuovi che prima rivestiva la persona? ; la necessità si assumere decisioni comporta un confronto con le proprie convinzioni più profonde, con il sistema di significati personali che ciascuno di noi assegna a queste scelte.
Cambiano i rapporti fra le persone e le responsabilità che ciascuno sarà chiamato ad assumere. Cambia il modo attraverso il quale i membri della famiglia considerano se stessi e gli altri: l’incertezza (come mi devo comportare quando vuole fare di testa sua? ), la negazione dello stato di malattia (non è malato fa apposta, ce l’ha con me! ), la reciproca conflittualità, i giochi di ruolo e di potere, la fatica fisica e psichica, le conseguenze depressive di un forzoso e prolungato impegno assistenziale, il peso di una crescente responsabilità personale, spesso poco condivisa con altri familiari, fattori che concorrono a creare condizioni di intenso stress prolungato che mettono a dura prova la tenuta dei singoli e del sistema famigliare.
Davanti a questo scenario è dunque evidente come sia importante affiancare i famigliari durante questi momenti di difficile transizione, attraverso un ascolto attento, partecipe e rispettoso, che sappia riconoscere e contenere le normali ansie, reazioni emotive comuni e normali lungo il percorso di cura come il rifiuto e la negazione di quanto sta accadendo; la rabbia diretta verso il malato, gli altri, se stessi; il senso di impotenza , di incapacità o di non efficacia personale; la colpa ; la depressione. E’importante quindi imparare a riconoscere questi sentimenti e le reazioni comportamentali che da essi derivano per imparare a gestirli.
Il sostegno è indirizzato a promuovere, nel famigliare che si prende cura ( caregiver), processi cognitivi, comportamentali ed emotivi che facilitino la gestione appropriata di una condizione di stress intenso e prolungato lavorando per implementare le capacità di attivare protettivi fattori di mediazione.
Gli interventi di aiuto propongono uno spazio di ascolto e di riflessione articolato, che consenta inoltre la graduale elaborazione dei cambiamenti in corso ed un adattamento progressivo alle trasformazioni di vita e di identità.
Sovente, il confronto fra famigliari è illuminante attraverso le possibilità che offre di rispecchiamento e riconoscimento (nell’altro riconosco ciò che è successo o che sta succedendo anche a me stesso).
Il sostegno, attraverso colloqui individuali o famigliari, diventa quindi un intervento essenziale volto a restituire una rappresentazione condivisa di efficacia personale e collettiva nella gestione dei normali problemi di cura così da consentire al nucleo famigliare un adeguato funzionamento come luogo di cura.
Proponiamo colloqui individuali o famigliari con professionisti quali counselor e/o psicologi a seconda del bisogno da soddisfare.