Il partigiano legnanese Arno Covini: “ Io, unico superstite dell’assalto alla cascina Mazzafame”.


di Orlando Abiuso.

L’intervista esclusiva e la ricostruzione della battaglia avvenuta nel rione di Mazzafame il 21 giugno ’44.

In occasione del quarantesimo anniversario della Liberazione, nell’anno 2006, I partigiani legnanesi Arno Covini, Samuele  Turconi , Anacleto Tenconi, furono da me intervistati  per il magazine “Legnano, oggi” del quotidiano La Prealpina, coordinato a Giorgio D’Ilario, allora caporedattore della redazione di Legnano della “Prealpina “ di Varese. Per le commemorazioni della Liberazione prossime del 25 aprile ’21,  l’occasione si ripropone per riprodurre in questo blog, in  copia fotostatica, la sola  intervista ad Arno Covini.Con il quale raccolsi  il racconto in prima persona della battaglia partigiana della 101° GAP di Legnano alla cascina “Mazzafame” contro i fascisti che accerchiarono per tutta la notte la cascina  esistente nella  piccola frazione di Legnano.

Continua il racconto drammatico che ho raccolto nel corso dell’intervista avvenuta nell’anno 2006, ancora vivente il partigiano Arno Covini,nella sua abitazione nel quartiere di Mazzafame.  Dopo l’ 8 settembre a Legnano, incominciò a formarsi il movimento clandestino partigiano formato da persone che  costituirono la 101° Brigata Garibaldi SAP (Squadra di Azione Patriottica) “Giovanni Novara” , legata alle fabbriche della città e dei paesi limitrofi. Presto nacquero altre formazioni partigiane, tra le quali la 101°  Brigata Garibaldi GAP (gruppo di Azione Patriottica) “Giovanni Novara” di Mazzafame e Gorla Maggiore, comandata dal ventenne partigiano  Samuele Turconi ( Sandro).  La sera del 21 giugno 1944, una quindicina di partigiani legnanesi della 101° Brigata Garibaldi GAP (tra i quali ero anch’io),  si erano fermati un poco di più alla Cascina, dove molti del gruppo, avevano genitori e parenti: si eravamo fermati  a mangiare qualcosa.  Mentre  si  trovavano ancora  alla Cascina Mazzafame,  il rione alle porte di Legnano venne circondato da 250-300 fascisti in assetto di guerra, avvisati da una delazione, provenienti da Busto Arsizio. Rastrellarono tutte le famiglie della Cascina e le radunarono vicino alla  chiesetta li esistente, minacciandoli di morte . Dal megafono diedero l’ultimatum: ” Se i partigiani nascosti nella cascina non si fossero arresi, avrebbero sparato sulle persone messe al muro”. Donne,  bambini, vecchi  contadini buttati fuori dalle case anche in pigiama: tutti al muro,  mentre i fascisti minacciavano di dar fuoco alla Cascina. I partigiani  si erano nascosti  nei fienili ed ebbero paura, armati di solo  rivoltelle;  mentre i 250-300 fascisti erano armati  di mitra. Combatterono strenuamente, e quando  si accorsero di essere circondati, capirono che non c’era nulla da fare;  ma  continuarono a combattere furiosamente fino all’alba.  Covini e Samuele Turconi saltarono  giù dal fienile:  Turconi  fu investito da una scarica di proiettili di mitra, Covini fu ferito leggermente ad una gamba. Si  nascose per tutta la notte in una fossa d’acqua con i piedi a mollo. La mattina seppe che tutti gli altri erano stati feriti o arrestati:  solo lui si  era salvato. I partigiani che si erano arresi furono caricati su un camion e portati via.