Donne, l’eguaglianza di genere è anche nelle parole. “Stai zitta” e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, il nuovo libro di Michela Murgia, edito da Einaudi: un’analisi lucida e disincantata di come la violenza e la discriminazione nei confronti delle donne passino attraverso il linguaggio.


di Orlando Abiuso.

Ci sono segnali nelle cronache politiche e sociali recenti sulla parità di genere,  che muovono passi di conquiste  di cariche politiche e  di responsabilità gestionali  di donne che salgono in posizione di comando, prima ricoperti da uomini. L’attuale Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ha portato come vice-presidente alla Casa Bianca una donna di colore, Kamala Harris . In Italia, il neo-segretario del Partito Democratico, Gianni Letta, nomina  alla sua segreteria  8 uomini e 8 donne, e  mira a nominare anche  capigruppo alla Camera e al Senato due donne, pur incontrando resistenze da parte degli uomini del partito. Che dire poi  del Presidente del Consiglio Mario Draghi, che si è portato nel Governo molte donne, nominate ministri e sottosegretari. Di segno negativo invece le parole della Segretaria generale di Magistratura Democratica,  Mariarosaria Guglielmi, contenute in un intervento in occasione della giornate dell’otto marzo, festa della donna:  “La parità di genere, come pienezza ed effettività di diritti, di tutele e di opportunità, è in test per la democrazia. Un test che oggiproprio sulla “pelle” delle donne- registra due fronti di crisi: disuguaglianza e regressione su conquiste fondamentali per la persona. Nello scenario drammatico disegnato nell’ultimo anno dalla pandemia, le donne pagano un prezzo altissimo che si traduce nell’aggravamento delle disuguaglianze già esistenti. Come ricorda il Parlamento Europeo nella risoluzione dello scorso febbraio, l’impatto della crisi sanitaria ha “ un connotato di genere” e le sue conseguenze hanno “ una chiara prospettiva di genere”: dall’allarmante aumento della violenza e delle molestie, alle pesanti ricadute in termini di perdita di posti di lavoro (che riguarda in prevalenza i settori dove è maggiore l’occupazione femminile), alla maggiore esposizione ai rischi sanitari negli ambiti- come quello dell’assistenza sanitaria- con prevalente presenza di donne lavoratrici”.

Chi rompe gli indugi sull’uguaglianza di genere la scrittrice sarda  Michela Murgia che  ha pubblicato il nuovo libro :”Stai zitta” e altre nove frasi che non vogliamo sentire  più”, che analizza  nove  frasi, quali per esempio , oltrestai zitta”, “Ormai siete dappertutto”, “brava e pure mamma” “Ma che genere di problema avete”,”Adesso ti spiego”, “Le donne sono le peggiori nemiche delle altre donne”, “ Era solo un complimento”, “Non sai tenerti un uomo”, “Dove vai da sola e vestita così”, “ Calmati! Sei una donna con le palle”, “Te la sei cercata”, “Sei troppo nervosa: per caso hai il ciclo”. “A cosa ti serve studiare?”, “Non fare la maestrina”. La genesi di questo libro trova muove da un episodio increscioso diventato virale,  accaduto alla scrittrice sarda, nel giugno scorso. Intervenuta come ospite a Radio Capital , è stata ripetutamente messa a tacere con  l’nvito: “stai zitta” dallo psichiatra Raffaele Morelli. Poi  il repentino passaggio dal lei al tu , manifestando  poca attitudine al dialogo. E’ evidente che di tutte le  cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva. Il maschio arrogante impone il silenzio alla donna. Nella prefazione del libro si legge: “Le aree semantiche che definiscono una donna che parla sono quasi sempre denigratori. Se discorre è chiacchierona, linguacciuta, pettegola. Se ribatte è petulante, stridula, sguaiata, aggressiva”. E ancora:” Agli uomini nessuno chiede di tacere le loro riflessioni interiori, anzi sono sollecitati a condividerle. Invece al sesso femminile è consigliato fermarsi alla fase del pensiero afono”. Qual è il modello di donna gradita? Secondo Murgia, è quella “silenziosa” e possibilmente madre. Alla maternità, infatti, l’autrice dedica un capitolo ad hoc dimostrando, attraverso alcuni esempi, come  i media e i giornali siano ossessionati dalla mammizzazione delle donne che ricoprono posizioni apicali, “dallo sport alla politica, dal cinema all’economia, dalla scienza all’arte, ogni donna che si trovasse a raggiungere risultati tali da  costituire una notizia, si sentirà chiedere se ha marito e figli, cosa non accada agli uomini.”

               Alla scrittrice sono state poste alcune domande, che riportiamo integralmente:

               D- Può commentarea la frase: “A cosa ti serve studiare?”

              “La società ti vede solo nel ruolo di moglie e madre..Consiglio la  lettura di “Bastava chiedere” 10 storie di femminismo quotidiano” di Emma Clint con la  mia prefazione. Per lavorare come un uomo il carico di lavoro per  una donna raddoppia, perché c’è anche quello familiare. Gli uomini hanno più tempo libero e questo si riflette su loro lavoro, creando legami di stima e di fiducia magari con colleghi o superiori.

               D- A che età è preferibile educare i bambini alla parità di genere?

               “Prestissimo. Bisognerebbe agire da 0  ai 5 anni. Consiglio la lettura del libro “Dalla parte delle bambine” di Elena Giannini Belotti. I bambini guardano, osservano i comportamenti dei loro genitori. Viene data alla famiglia la libertà di educare i figli a modo proprio, mentre manca la volontà politica di predisporre nelle scuole programmi curriculari che insegnino la parità di genere, non solo. L’uomo che stira, che accudisce ai bambini, che cucina o spolvera, rinuncia alla mascolinità. I bambini in casa vedono per esempio che il padre legge  il giornale sulla poltrona mentre la madre, anche se lavora fuori casa, fa da mangiare, apparecchia la tavola, lava i piatti. Bisognerebbe rimodulare tutto e le famiglie non vogliono farlo”

 Questo modello maschilista di privilegio del maschio e del figlio maschio, rispetto alla femmina, era negli anni meno recenti più marcato nella “forma mentis” delle famiglie meridionali, dove il figlio maschio veniva  privilegiato avviandolo agli studi, all’università; mentre per le femmine si ipotizzava una formazione di casalinga, di moglie, di suora, di infermiera, comunque di un ruolo di assistenza, di relazione, ancillare.