Reintegrata maestra sospesa dall’insegnamento per aver denunciato ai carabinieri i maltrattamenti subiti da una alunna tra le mura domestiche.


  di Orlando Abiuso.

Nell’ articolo del 5 aprile 2020, sul nostro BLOG, dal titolo “Il maestro. La crisi di una professione”, è riportata la cronaca di una maestra di una scuola elementare del pavese, sospesa dall’insegnamento dalla dirigente scolastica per aver denunciato , sporgendo denuncia ai carabinieri, i maltrattamenti subiti da una sua alunna tra le mura domestiche, dopo aver segnalato, senza esito, alla Direzione la situazione di disagio vissuta dalla piccola, picchiata dal padre e costretta a vivere in un clima di terrore. I vertici della scuola, però, non avevano gradito il suo gesto, lesivo, a loro dire, dell’immagine della scuola, procedendo alla sospensione dall’insegnamento e dallo stipendio della maestra, che si era umanamente e responsabilmente occupata di difendere la sua alunna.

La questione è finita davanti al Tribunale di Pavia: la giudice Donatella Oneto, ha dato ragione alla maestra, annullando la sospensione e obbligando la scuola a restituire parte dello stipendio non versato a causa del provvedimento disciplinare.

I fatti risalgono a un anno e mezzo fa, in una scuola alle porte di Pavia, dove un’alunna arrivava a scuola piangendo, con lividi su braccia e gambe. La maestra avvisa la preside, la quale la rassicura: la scuola ne è al corrente e si sta muovendo per risolvere la questione. I mesi passano, ma la piccola è sempre più impaurita, lo sguardo assente in classe.

A marzo 2019, l’episodio che fa scattare la denuncia. ”la bambina aveva lividi evidenti sulle ginocchia, piangeva, -ricorda la maestra- facendo intendere che era stato il padre. Non ero al corrente di eventuali indagini da parte della dirigenza e mi sono attivata rivolgendomi ai Carabinieri. La bambina era terrorizzata, ho agito per tutelarla. Ho impugnato il provvedimento della direzione scolastica non certo per i 75 euro di stipendio che mi sono stati tolti, ma per dovere morale”.

Rivolgendosi ai colleghi dopo la sentenza del giudice, la maestra reintegrata ha suggerito:” Spero facciate lo stesso, il nostro è un compito educativo (non un mestiere ndr), non si può essere omertosi”.

L’avventura scolastica-educativa accaduta nella scuola elementare del pavese, venuta allo scoperto per l’interesse dei mass- media, porta ad una riflessione sull’attuale introduzione della “didattica a distanza “( home schooling) nella scuola, destinata ad essere istituzionalizzata anche quando sarà vinta la pandemia.

In un contesto di” scuola remota”(DaD) la maestra avrebbe potuto rendersi conto delle condizioni fisiche e psicologiche dell’alunna maltrattata con percosse, permettendole di intervenire per proteggere la bambina?

La sua sensibilità umana si sarebbe attivata interfacciandosi davanti a fredde immagini di una “didattica a distanza” mediata da un computer ? Di questo passo perderemo le qualità umanizzanti tipiche della persona, di essere umano, per omologarci con gli eroi presentati da Internet?

Nel suo recente saggio “Vulnerabili” edito da Mondadori, 2020, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, dedica un capitolo alla scuola della didattica a distanza, intitolato “ Lettera ad una maestra”.

Scrive il sociologo:“La didattica a distanza (DaD) è diventata una sorta di mantra non solo per i burocrati del ministero, ma anche per non pochi educatori e genitori…ci sono, (però), anche molti genitori che stanno protestando perché vogliono e pretendono un diritto fondamentale per i loro figli: che possano frequentare una scuola reale e non virtuale, perché tra una maestra e un computer c’è e ci sarà sempre una enorme differenza. La “smart school” renderà più solitari i nostri bambini e le nostre bambine, il loro indebolimento sensoriale li costringerà a crescere con minor autonomia, minor autostima, minor creatività: ovvero le tre colonne portanti di una buona esistenza”.

Anche il giornalista Ernesto Galli della Loggia, esprime il suo punto di vista sulla “didattica a distanza”, con un corsivo in prima pagina del “Corriere della sera” di sabato, dal titolo:”Perchè la scuola a distanza è un inganno”.

Riportiamo il corsivo: “ La didattica a distanza (Dad), introdotta nelle scuole italiane come triste ma inevitabile effetto del Covid, è stata accolta da tutti come un mezzo per mantenere in vita comunque una parvenza di scuola. Non avevamo fatto i conti però con una accoppiata micidiale: quella tra l’astrattezza dell’ideologia e le mirabilie che l’applicazione della tecnica rende in astratto possibili. Ed ecco allora la didattica a distanza riempire di entusiasmo molti tra i più “avanzati” esperti di pedagogia e dintorni, scatenandone le fantasie educative. Soprattutto alla radio non passa ora o quasi che non se ne senta qualcuno, spesso munito di usbergo accademico o ministeriale, decantare le magnifiche potenzialità della Dad. Che sciocchezza credere che insegnare e apprendere debba significare un rapporto tra persone che non potrà mai essere sostituito da un video! Bando a simili arcaismi. Piuttosto, viene detto, i docenti sappiano “reinventarsi”, “interfacciarsi”,”sperimentare”, usino “le potenzialità del Web”, il “social reading”, cerchino di produrre tra gli allievi un “effetto engaging” magari attraverso una “logica di gamification” e così via fantasticando con il massimo sussiego da parte dell’”esperto” di turno. Naturalmente senza mai curarsi di chiarire in che modo, senza fare mai un esempio pratico, senza mai entrare nei dettagli. Ora, a parte il trascurabile particolare che ancora oggi un terzo dei nuclei familiari italiani non sono in grado di fruire di una connessione internet decente e/o non possiedono un computer( dati Istat), sicché la Dad finisce per essere una terribile macchina di esclusione ai danni specie delle fasce povere e meridionali della popolazione, a parte ciò viene spontanea una domanda. Ma finora non ci era stato detto proprio dalla migliore pedagogia che la scuola in quanto istituzione “democratica” per eccellenza doveva essere luogo elettivo della socialità e dell’inclusività, che doveva essere concepita come una “ comunità educante e di dialogo”, “di ricerca e di esperienza sociale” fondata sullo scambio continuo delle esperienze? Che ne è adesso di tutti questi magnifici obiettivi sbandierati per anni? Li conseguiremo seduti davanti a un computer interfacciandoci con uno schermo?”