di Orlando Abiuso.
Nella rubrica “Risponde Fontana” del direttore del “Corriere della sera” di lunedì 9 novembre u.s., tra gli interventi e repliche, è pubblicata una lettera dal titolo “Non mi considero improduttivo”e segue il testo: “A proposito dello scivolone del governatore Toti riguardo ai contribuenti della terza età, rimane da dire che se i vecchi come me che ho passato gli ottanta, sono per la maggior parte improduttivi, la moltitudine dei pensionati, anche quelli al più misero minimo., costituiscono il bacino di riserva che consente la vita a tanti giovani disoccupati, licenziati, precari e categorie varie che senza la pensione del nonnino non avrebbero di che vivere. In più e per completezza si osserva che il potere economico di tante famiglie e aziende di primo piano, è nelle mani delle generazioni di età più avanzata e il buon Toti lo deve sapere. La vera forza economica continua, per fortuna, ed essere nelle mani di chi meglio la può proteggere e perpetuare, per esperienza e per l’età che dell’esperienza è condizione necessaria anzi indispensabile. Per curiosità, sono stato compagno di studi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, di Renzo Piano e vanto due giorni di maggiore età rispetto a lui. Non ho la sua produttività purtroppo, ma non mi considero, come nemmeno lui si considera, improduttivo!”
E ancora un’altra lettera di un nonno di 72 anni, pubblicata il giorno dopo 10 novembre 2020 sempre sul Corriere della sera, nella rubrica “Risponde Aldo Cazzullo”, dal titolo “Dedico le mie energie a figli e nipoti, non è facile”: Ho 72 anni e quindi secondo qualche governatore di Regione ( ndr. Giovanni Toti, l’incauto governatore della Liguria, nella bufera per il post sugli anziani indispensabili: “Si tratta di persone in pensione, che non sono indispensabili allo sforzo produttivo del paese”), sarei un improduttivo.. Non capisco cosa definisca questo termine che è stato usato, ma posso assicurare che mi meraviglia che sia stato utilizzato da una persona che dovrebbe amministrare una Regione. Dedico tutte le mie energie per aiutare i miei figli e i relativi nipoti. Tutto per permettere loro di poter lavorare e conciliare gli impegni scolastici e sportivi di 4 nipoti. Posso assicurare che non è facile e che tutto è reso più difficile dalla mancanza di servizi essenziali che le istituzioni dovrebbero fornire per facilitare quelle coppie che non hanno nonni (improduttivi).
Il comico pugliese Lino Banfi (84 anni), intervistato nei giorni scorsi da Francesca Fialdini nella trasmissione” Con noi a ruota libera”, alla domanda se a 84 anni si sente improduttivo, ha risposto:” Durante i mesi di questa pandemia in corso ho lavorato molto per interpretare tre films, io appartengo ad un gruppo di persone anziane denominato “B 4”, che sono: Banfi, Bergoglio, Berlusconi, Baudo, tutti ottantaquattrenni in attività lavorativa”.
Sulla stagione della vita nella “terza età”, è intervenuto anche lo psichiatra Vittorino Andreoli, con un saggio dal titolo: “ Una certa età. Per una nuova idea della vecchiaia”, edito da Solferino, 2020, 17 euro. Riportiamo uno stralcio dell’intervista rilasciata dallo psichiatra Andreaoli al “Corriere di Verona” del 19 gennaio 2020:
La “terza età non come “malattia” o “spauracchio” , ma capitolo originale e “Paradiso dei sentimenti”. Professor Andreoli, è davvero bello invecchiare?
“La vecchiaia di oggi è una novità assoluta. Una grande scoperta, anche per me. Anni fa, nel periodo della seconda guerra mondiale, si era considerati vecchi a 46 anni- spiega lo psichiatra veronese- che fa parte anche della New York Academy of Sciences-. Oggi l’età della vecchiaia è salita a 81 anni per i maschi e 85 per le femmine. Ma nella contemporaneità, con la vita media che si è allungata, la salute e il benessere perseguibili sempre, si è attivi e pieni di risorse anche a 80 anni”.
Personalmente, cosa l’ha sorpresa nella sua vecchiaia?
“Mi ha sorpreso la gran voglia di vivere e di essere utile, di fare felici gli altri, di aiutare. Non ho più nulla da dimostrare, posso concentrarmi con gioia nel fare del bene. In generale, da vecchi si è meno legati a egoismo e interessi personali, perciò più capaci di aiutare il prossimo”.
La scienza conferma il benessere e la produttività dei “nuovi” anziani?
“C’è una grande scoperta scientifica recente: pensavamo fino a qualche anno fa che le cellule degenerassero e morissero negli anziani. Invece è stato dimostrato che anche nei vecchi i neuroni si rigenerano. Ricordiamo che proprio Rita Levi Montalcini ha vinto il Nobel proprio per la scoperta sulla moltiplicazione dei neuroni. I neuroni di un vecchio sono gli stessi di quelli dei giovani. I ragionamenti che posso fare io a 80 anni sono uguali a quelli di un 40enne. Quindi, per la scienza non è vero che il cervello di un vecchio sia meno funzionale di quello di un giovane. Su basi scientifiche, dico che un cervello anziano, se non è ammalato, ha le stesse caratteristiche di quello di un giovane”.
Si sente un difensore della vecchiaia?
“Non difendo la vecchiaia in quanto sono vecchio, ma perché ci sono precisi elementi scientifici per farlo. E’ solo recuperando il ruolo cruciale dell’ultima età che possiamo iniziare a riparare la società in cui viviamo, riscoprendo una nuova dimensione del benessere”
Nel libro, spiega anche la nuova sessualità che si scopre nella vecchiaia.
”Se una volta i vecchi erano considerati sessualmente finito, oggi l’eros continua e spesso anche migliora. Ci si innamora fino a cento anni, la cura del corpo ci rende energici, la sensualità diventa più di relazione che di organi, il piacere si lega alla tenerezza, le nuove liturgie dell’eros non fanno rimpiangere il passato e la gioventù”.
Dunque la vecchiaia è un’età felice?
“I vecchi vivono il tempo presente, non pensano al futuro, ai problemi, alla carriera e alla morte. Relativizzano tutto. Anche i conflitti. Lavorando come psichiatra con i malati terminali, mi ha colpito che anche loro non pensano affatto alla morte, ma a dare un senso alla loro quotidianità”.
Il suo saggio è dedicato “ a tutti i giovani perché scoprano quanto è bello diventare vecchi”.
“La vecchiaia non è la fine, ma un nuovo capitolo dell’esistenza, che riserva molti aspetti positivi. Basta pensare a quante sono le storie d’amore che nascono da vecchi, o la grande voglia di raccontarsi e di relazionarsi. E le palestre oggi sono piene di over 65: questo significa la grande voglia di vivere. Insomma, smentisco completamente l’antica sentenza di Seneca, secondo cui “Senectus ipsa est morbus”: la vecchiaia è per se stessa malattia. Al contrario, è un capitolo originale dell’esistenza, non certo un’età malata”.
Ciao Orlando, nell’articolo si evidenziano le innumerevoli opportunità degli anziani in pensione; perciò sono perfettamente d’accordo con quanto afferma Vittorino Andreoli nel suo saggio “ Una certa età. Per una nuova idea della vecchiaia “. Al contrario penso che sia sbagliato affermare che ad una certa età si diventa improduttivi: si eseguono numerose e diverse attività che appagano la persona e chi le sta vicino. Grazie