
di Orlando Abiuso.
Il vento è misterioso, capriccioso, mutevole, violento, e simboleggia diversi significati: lo Spirito Santo nella religione cattolica ; nella letteratura è il mistero del destino umano che, la scrittrice Grazia Deledda aleggia nel romanzo “Canne al vento”; il vento è presente nei versi delle poesie e della canzoni. Il dio del vento per i Greci era Eolo.
Per Bob Dylan “ Soffia nel vento” (Blowin’ in the wind), titolo della famosissima canzone dei Beatles; per Luigi Tenco “la risposta è caduta nel vento”; per Tiziano Ferro “quando tira il vento”; infine il cantante italo-belga, Salvatore Adamo, canta “Affida una lacrima al vento”, canzone che negli anni settanta ebbe grande successo in Italia, vinse il Festivalbar e raggiunse la prima posizione in Hit-Parade.
In Giappone il vento è venerato in una cabina telefonica, con un vecchio apparecchio nero a disco, collegato al vento. E’ chiamato proprio “Telefono del vento”, e ogni anno migliaia di persone che hanno perso qualcuno, alzano la cornetta per parlare con i propri defunti che sono nell’aldilà. Su una collina che domina l’Oceano Pacifico, fuori della città costiera di Otsuchi, c’è una cabina telefonica di vetro in modo che si possa vedere il paesaggio, all’interno della quale si trova un quaderno e un telefono, nero, non collegato a nulla, se non al vento che soffia violento.
Nella terra dl Sol levante, sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, c’è un giardino chiamato Bell Gardia, al centro , la cabina telefonica attrezzata da Itaru Sasaki nel 2010, un anno prima che avvenisse lo tsumani,dopo aver perso suo cugino. Quella cabina telefonica costruita nel suo giardino, chiamato Bell Gardia, gli sarebbe servita per continuare a “parlargli”.
Quando il terremoto, e in seguito lo tsumani, colpirono la città in cui viveva Sasaki, uccidendo il 10% della popolazione, decise che tutti coloro che ne sentivano la necessità avrebbero potuto servirsi del “telefono del vento”. Le persone che accolsero l’invito furono talmente tante che il suo giardino divenne un autentico luogo di pellegrinaggio.
I visitatori compongono il numero del loro parente. Non bisogna inserire monete o gettoni. Si può anche solo ascoltare. Il rumore del vento, rivivere in quegli istanti i propri ricordi legati al defunto vivo.. Oppure si parla: di sé, “con” sé, o con chi non c’e più. E alcuni trovano conforto nella speranza che il loro parente possa ascoltarlo.
Nello scenario di questo luogo speciale, la scrittrice Laura Imai Messina, italiana da anni residente in Giappone, ha scritto un romanzo: “Quel che affidiamo al vento”, Piemme, 2020, suscitando molto interesse. La scrittrice vi costruisce una storia di riselienza dei due protagonisti, Yui e Takaschi, che s’incontrano proprio nel giardino di Bell Guardia, al “Telefono del vento”.
Yui ha trenta’anni e una data separa quello che era, da quello che è:11 marzo 2011. Quel giorno, lo tsumani spazzò via il paese in cui abitava, inghiottì la madre e la figlia, le sottrasse la gioia di essere al mondo. Venuta per caso a conoscenza di quel luogo surreale, Yui va a visitarlo e a Bell Guardia incontra Takeschi, un medico che vive a Tokio e ha una bimba di quattro anni, muta dal giorno in cui è morta le mamma…
Per il seguito della storia leggere sul libro recensito.
Quello che affidiamo al vento.
Dovrei leggerlo ringrazio per il suggerimento.
In questo momento difficile siamo più sensibili e disponibili per affrontare temi mistici e profondi.
Grazie Orlando.
Ciao Orlando, bello e suggestivo l’articolo “Il telefono del vento: invita a ricordare il passato e a riflettere sul presente. Leggerò il libro che mi hai gentilmente suggerito. Un caro saluto
Grazie Orlando per questo suggerimento …
Mi piace veramente molto l’idea di dare voce alle parole che abbiamo ancora da dire a chi ci ha lasciato fisicamente ma sentiamo ancora in comunicazine con noi.
Il fatto di riuscire a farlo con la voce vera e con i mezzi cui siamo abituati (telefono)penso possa dare un valore aggiunto a quella comunicazione fatta tutta di pensieri che normalmente rivolgiamo a chi non c’è più. Leggendo il tuo articolo mi è emerso alla mente il ricordo del mio nipotino di sette che, avendo perso la mamma, le parlava seduto sul letto come se lei lo ascoltasse veramente… a volte se riusciamo come i bambini a comportarci seguendo il nostro istinto ci facciamo solo del bene…
Mi ha molto colpito, Cristina, l’episodio del tuo nipotino di sette anni che, seduto sul letto,parlava con la mamma che aveva persa, ma le parlava come se fosse ancora presente.
Conservare il mondo fanciullo nel cuore, anzi quello del” fanciullino”è possibile pur diventando adulti.
Il poeta Giovanni Pascoli impernia tutta la sua opera sulla “poetica del fanciullino”, di quello che s’incanta per le piccole cose, per il canto dei grilli nella notte, per una cavalla storna che dialoga con sua madre.