
Viaggio tra le paure del fine millennio, confrontate con quelle del terzo millennio, nelle conversazioni del famoso storico medioevale Georges Duby.
Confronto tra le epidemie scoppiate intorno all’anno Mille (fuoco di Sant’Antonio, peste nera) e quelle manifestatesi nel terzo millennio( Aids, Sars, Ebola, Covid-19).
di Orlando Abiuso.
Nel libro “MILLE e non più di MILLE” di Georges Duby/Chiara Frugoni, viaggio tra le paure di fine millennio, edito a Rizzoli, 1999, vengono riportate cinque interviste a Georges Duby*, uno dei maggiori storici francesi del Medioevo: interviste-conversazioni, nelle quali lo storico francese ha voluto confrontare la visione del mondo, la mentalità, le paure, le epidemie dell’anno Mille, con la nostra cultura,le nostre paure, le epidemie di oggi del terzo millennio.
Domanda: l’argomento che vogliamo affrontare è quello delle paure di ieri, le paure medioevali, e delle paure di oggi, le paure diffuse all’inizio del terzo millennio.
“ I terrori dell’anno mille- esordisce Duby– sono frutto di una leggenda romantica. Gli storici del XIX secolo hanno pensato bene di ricostruire l’attesa dell’anno mille in termini di panico collettivo, ma hanno falsato la realtà delle cose. Di fatto, noi disponiamo di una sola testimonianza al riguardo, quella di un monaco dell’abbazia di Saint-Benoit-sur-Loire: “Mi è stato raccontato che nell’anno 994, a Parigi, alcuni preti annunciavano la fine del mondo”. Scrivendo quattro o cinque anni più tardi all’immediata vigilia dell’anno mille, il monaco aggiungeva:” Questi preti sono pazzi. Basta aprire il testo sacro, la Bibbia, per constatare come Gesù abbia detto che mai si sarebbe saputo il giorno,né l’ora”. Ma davvero quei tempi erano percorsi da un’attesa continua e inquieta, l’attesa della fine del mondo: stava scritto nei Vangeli che – un giorno- il Cristo sarebbe ritornato, che i morti sarebbero resuscitati, che Cristo stesso avrebbe selezionato i buoni e i cattivi. Per giunta si poteva leggere, nell’Apocalisse, che dopo mille anni Satana sarebbe riuscito a liberarsi delle proprie catene, che sarebbe scoccata l’ora dell’Anticristo; allora, dal fondo del mondo, dalle terre sconosciute che si trovavano altre l’orizzonte, verso est e verso nord, sarebbero sbucate genti dall’aspetto spaventoso… Se si scavasse nelle coscienze dei nostri contemporanei, si scoprirebbero parecchie persone che ancora credono nella possibilità che la storia dell’uomo possa interrompersi da un momento all’altro. Mi ricordo i primi esperimenti atomici: la gente si chiedeva se non avrebbero scatenato reazioni a catena, fino allo scoppio dell’universo. Quando, oggi, si sente dire che la crescita demografica è tale da rendere la Terra- nel breve volgere di qualche decennio- troppo piccola per sfamare l’umanità intera, molti si riconoscono in diritto di domandarsi che ne sarà della specie umana. E quando si consideri che i dinosauri sono spariti talmente all’improvviso che ancora si possono ritrovare loro uova non dischiuse, riesce plausibile immaginare che per l’una o l’altra ragione( ad esempio , per un totale venir meno delle difese immunitarie) anche la specie umana possa sparire dalla faccia della Terra.
Domanda: oggi come ieri, il mondo sperimenta il diffondersi di terribili epidemie. Qual era la realtà delle epidemie intorno all’anno mille?
“ I cronisti dell’anno mille parlano di epidemia in riferimento al “fuoco di sant’Antonio”, una malattia di cui oggi conosciamo la causa: l’ingestione dello sclerozio della segala, presente nella farina. Interi villaggi dei Paesi nordici e della Francia furono colpiti da questa misteriosa malattia. “Il male- testimoniava un monaco benedettino cronista medioevale- iniziava con una macchia nera che si estendeva rapidamente, causando un bruciore insopportabile, essiccava la pelle, faceva marcire la carne e i muscoli che si staccavano dalle parti ossee e cadevano a brandelli”. Nel 997, un altro cronista- caricando le tinte- l’ha descritta come segue.” E’ un fuoco nascosto che colpisce una parte del corpo, la consuma e la stacca dal resto. Nello spazio di una notte i più fra gli ammalati vengono completamente divorati da questa orrenda combustione”. Il nostro cronista racconta che i vescovi di Aquitania si riunirono in una prateria presso Limoges, con tanto di reliquie di santi e spoglie di san Marziale; e racconta di come, improvvisamente, il contagio sparì. Nel 1348 da Avignone, che era la sede di residenza del papa, parti la peste nera che si diffuse ovunque, a una velocità spaventosa. Secondo la ricostruzione degli storici, fu un’epidemia trasmessa dai parassiti (segnatamente da pulci) e dai ratti. Malattia esotica, venuta dall’Asia lungo la via della seta: a fronte di essa gli organismi degli europei si trovarono indifesi. Anche una catastrofe rovinosa come la peste nera appare riconducibile alla crescita economica: possiamo considerarla un effetto del progresso. In Europa il commercio si era sviluppato notevolmente. Negozianti genovesi e veneziani avevano spinto i propri traffici fino ai confini del Mar Nero, entrando in contatto, laggiù, con mercanti venuti dall’Asia: uno o più bastimenti provenienti dalla Crimea- dove operavano alcuni genovesi- trasportarono il germe della peste nel Mediterraneo: le navi fecero tappa inizialmente in Sicilia: così l’epidemia colpì l’Italia meridionale già all’inizio del 1347. La malattia penetrò poi in Francia attraverso Marsiglia, raggiungendo Avignone, la nuova sede del papa: di lì si diffuse ovunque. Nell’impossibilità di procedere con rigore statistico, accontentiamoci della stima secondo la quale l’estate del 1348- tra giugno e settembre- l’Europa vide soccombere un terzo dei propri abitanti. Per farcene un’idea, consideriamo l’attuale area urbana di Parigi, con i suoi 12 milioni di abitanti: cerchiamo di immaginare se ne morissero 4 milioni in tre mesi. Al tempo della peste nera non si sapeva più dove mettere i morti; né si sapeva come seppellirli, visto che la legna non bastava più per le bare. Come resistere? Ci si provava in tutti i modi, ad esempio bruciando erbe aromatiche per le strade, come rimedio al vago sospetto che l’aria viziata contribuisse al propagare il contagio. La dinamica della contaminazione restava oscura:in particolare, nulla si sapeva della necessità di difendersi dalle pulci. Non a caso quelli che se la cavavano con minor danno erano coloro che vivevano negli ambienti più puliti, cioè –neanche a dirlo – i più ricchi.
Domanda: quali furono le conseguenze di queste epidemie?
Quando un terzo o la metà di una popolazione viene cancellata di un colpo solo, le conseguenze sociali e mentali sono immancabilmente straordinarie. Anzitutto diminuisce il numero dei pretendenti alla spartizione della torta, che si tratti di beni mobili o immobili. Nell’Europa del Basso Medioevo la pesta nera, rimediando ad un eccesso di popolazione, ebbe per effetto un rialzo del tenore generale di vita. Per mezzo secolo dopo il 1348, la peste continuò a serpeggiare allo stato endemico, con ritorni di fiamma ogni quattro o cinque anni; sino a che, verso il 1400, gli organismi umani svilupparono finalmente anticorpi in grado di opporre un’adeguata resistenza. Ogni volta che la peste concedeva una tregua, la vita riprendeva il sopravvento, salvo tornare a inchinarsi alle ragioni della morte. Negli anni di peste, gli archivi sono straripanti di testamenti, negli anni di tregua, traboccavano di contratti di matrimonio.
Domanda: quali erano le fonti di informazione di cui la gente disponeva in caso di epidemia ? Gli uomini e le donne di una data regione sapevano che, prima di arrivare tra loro, la peste era arrivata da altri, che essa aveva percorso il continente europeo?
“Si, lo sapevano; perché la gente si spostava, portando con sé le notizie. Ad Avignone, per esempio, si seppe quasi subito che gli abitanti di Marsiglia morivano come mosche. Si prese allora il solito provvedimento: si barrarono le porte della città, si cercò di proteggerne gli abitanti rinchiudendoli. I giovani immaginati da Boccaccio nel “Decamerone” non fanno diversamente: mentre la peste fa strage a Firenze, alcuni ragazzi e ragazze di buona famiglia scelgono l’isolamento di una casa di campagna, e aspettano sollazzandosi, l’esaurimento dell’epidemia. Fino al secolo XIX il provvedimento chiave nella lotta contro le epidemie continuò a consistere nella chiusura delle porte della città.
*Georges Duby (Parigi, 7 ottobre 1919 – Aux-en-Provence, 3 dic. 1996) E’ stato uno storico francese, specializzato nel Medioevo. Fu uno specialista in particolare dei secoli X,XI,XII e XIII nell’Europa occidentale.Fra le sue opere:
-L’anno Mille- Storia religiosa e psicologica collettiva, Torino, Einaudi,1976;
-L’arte e la società medioevale, Roma_Bari,Laterza,1977
-Il cavaliere, la donna, il prete. Il matrimonio nella Francia feudale. Roma-Bari, Laterza, 1982
Il testo è molto interessante ed evidenzia come i corsi e i ricorsi storici di cui parla Giambattista Vico siano una realtà: essi infatti caratterizzano il cammino dell’umanità pur nel cambiamento delle situazioni e dei comportamenti storici.
Cara lettrice,
I corsi e ricorsi vichiani scsndiscono la storia dell’umanita
E sono premonitori dei tempi futuri.
Cara lettrice
I corsi e ricorsi vichiani scsndiscono la storia dell’umanita
E sono premonitori dei tempi futuri.
Cara lettrice
I corsi e ricorsi vichiani scsndiscono la storia dell’umanita