Il maestro. La crisi di una professione .


di Orlando Abiuso.

La responsabilità del maestro è grandissima.

C’è da chiedersi in prima battuta: sono preparati gli attuali maestri a questo compito che non è una mansione, un lavoro qualsiasi, ma che richiede la disponibilità a porsi in relazione con bambini, in età evolutiva, e formare in essi una personalità integrale.

Varrà la pena di ricordare però, come ai maestri non viene mai insegnato come insegnare. Per quanto preparati culturalmente possano essere, resta il fatto che ognuno deve improvvisare da solo il proprio metodo didattico.

Il maestro diventa una figura centrale di riferimento importante per gli alunni, quando esprime nell’insegnare le  sue qualità umane possedute, per i valori etici interiori che esplicita,  per la disponibilità e l’empatia verso l’infanzia, per la capacità di rendere attiva una relazione interpersonale con i suoi alunni, per la scelta di proteggere sempre l’alunno, anche quando è l’ambiente famigliare non sano ad infierire su di lui, talvolta anche fisicamente.

E’ notizia di cronaca di questi giorni che una maestra di una scuola elementare di Pavia, dopo aver segnalato alla dirigenza scolastica le violenze subite tra le mura di casa da una sua alunna di 6 anni (segnalazione ignorata dalla dirigente ), ha denunciato il fatto autonomamente ai Carabinieri, alla Questura, alla Procura dei minori, e ai Servizi sociali.

Denuncia non gradita alla dirigente della scuola, che ha sospeso la maestra dall’insegnamento per una giornata ( s’intende anche dalla quota giornaliera dello stipendio), motivando il provvedimento con l’accusa che la maestra avrebbe violato “ il segreto d’ufficio”, ossia “ avrebbe tenuto una condotta non conforme alla responsabilità e ai doveri  inerenti il ruolo”, causando un danno d’immagina all’istituto!

I motivi prevalenti per cui la professione di maestro è da preferire ad altre, sarebbero: l’utilità sociale ( e la soddisfazione che si ricava); il tempo libero a disposizione ( vacanze natalizie, pasquali, due mesi di sospensione dalle attività didattiche durante le vacanze estive) ecc.

Nel Sud d’Italia l’immagine e l’appetibilità della professione di maestro resiste più che al Nord. Al contrario man mano che si passa dal Sud al Nord d’Italia, e dalle grandi città ai piccoli centri, si assiste ad una “fuga” dalla professione, per cui vi entrano solo coloro che, provenendo da condizioni sociali modeste, trovano più difficile imboccare altre strade.

Nei piccoli paesi “ fare l’insegnante” può essere ancora una alternativa competitiva, altrove non lo è più.

Ma la soddisfazione di fare un lavoro socialmente utile, non eguaglia lo scarso reddito e prestigio che in passato era legato alla professione.

Dai risultati di una indagine svolta all’interno del Laboratorio di Ricerca della Facoltà di Sociologia di Trento di alcuni anni fa ( confluita in un libro”La macchina del vuoto” ed. Il Mulino) vengono profilati diversi tipi di maestri: il maestro conservatore, il maestro di buona volontà, il maestro permissivo, il maestro tecnocratico.

Profili di maestri lontani dall’impersonare la figura del maestro formatore, che si è descritto all’inizio di questa riflessione.