In tempi di coronavirus non abbandonate i cani: sono la miglior cura contro la depressione. di Orlando Abiuso


Duemila sono i cani abbandonati nei canili in tutta Italia dall’inizio della pandemia di coronavirus. In quasi tutti i casi chi ha portato il proprio cane nel canile, avrebbe dichiarato di non poter più gestire l’animale a causa dell’infezione da Coronavirus oppure per motivi di malattia degli stessi padroni.

Probabilmente la causa scatenante l’abbandono è la paura che il proprio cane possa risultare positivo al Covid-19 e che a sua volta possa trasmetterlo in casa.

 “Ci segnalano da più parti l’abbandono di animali domestici, cani in particolare. Comportamento particolarmente deprecabile, anche perché non c’è alcuna possibilità di diffusione del contagio da Covid-19 tramite i nostri animali”, sono le parole,insieme preoccupate e autorevoli di Angelo Borrelli, il capo della Protezione civile.

Vivere insieme ad un cane è un aiuto per la salute a tutte le età: a confermarlo sono ormai molti studi scientifici, sociologici e psichiatrici che sottolineano l’importanza delle presenza quotidiana di animali domestici in casa, per il benessere psicofisico e la serenità dell’uomo.

A beneficiarne possono essere tutti i membri della famiglia, per primi i bambini che, grazie alla convivenza con un animale, soffrono meno di allergie, asma e tosse: vivere con un animale domestico, infatti, rinforza il sistema immunitario nei confronti di batteri e virus, diminuisce i rischi d’insorgenza delle allergie e di disturbi alla via respiratorie.

La relazione tra bambino e animale apporta anche molti benefici emotivi: gli animali domestici offrono un valido aiuto nel calmare i bambini iperattivi o troppo aggressivi, stimolano l’immaginazione e la curiosità. Molti bambini sviluppano precocemente empatia, attenzione verso gli altri, compassione e senso di responsabilità.

Anche per gli anziani la presenza di un animale domestico si rivela un vero toccasana: prendersene cura aiuta a ritrovare una ragione per vivere, magari in seguito ad un lutto. Accudirlo, dargli da mangiare, coccolarlo, portarlo a spasso, combatte la solitudine e riempie le giornate. Migliora l’umore e aiuta contrastare il declino cognitivo legato all’età: la compagnia  degli animali tiene la mente allenata, migliora l’attenzione, le abilità esecutive (come la  pianificazione, programmazione ed esecuzione di un compito), la memoria, e la gestione delle emozioni.

Portare fuori il cane è un ottimo esercizio fisico: camminare con il proprio cane aiuta a mantenersi in forma e a perdere peso, favorisce l’abbassamento della pressione arteriosa, il mantenimento del battito cardiaco normale, la riduzione di problemi circolatori. Chi possiede un cane o un gatto,infatti, riduce i rischi di attacco di cuore sia per l’attività fisica che gli animale domestici ci costringono a fare, sia per il supporto emotivo che offrono.

Accarezzare un animale, aiuta a rilassarsi, ad abbassare il livello di stress e a far nascere sentimenti positivi, diminuendo il rischio di ricorrere a sostanze nocive, come il fumo e il cibo spazzatura. Gli animale domestici motivano alla vita: basta guardarli perché il corpo produca ossitocina, l’ormone del buon’umore, riducendo i problemi di depressione e ansia.

Da “Cave canem”, …a compagno dell’uomo

Per conoscere le origini del cane e la sua storia evolutiva nel tempo, ci viene in aiuto Desmond Morris, lo zoologo, etologo, studioso del comportamento  umano e animale , con un saggio sul “Il cane, tutti i perché”, Mondadori Oscar. Scrive l’etologo inglese Morris:” Non è a tutti noto che “chi tiene un cane( o un gatto) in casa, vive mediamente più a lungo di chi non lo vuole accanto a se. E non si tratta di una fantasia : è stato infatti clinicamente dimostrato che la compagnia di un simpatico animale domestico ha un effetto calmante, abbassa la pressione sanguigna, riduce quindi il rischio d’infarto. Carezzando un gatto, dando una pacca a un cane e coccolando qualunque animale domestico morbido e peloso, si ottiene un effetto rilassante che può curare  direttamente alla radice molti dei malanni causati dalla vita che si conduce oggi. La maggior parte di noi soffre per l’eccessiva tensione e lo stress causati dell’attività febbrile delle grandi città. L’affettuosa compagnia di un cane o un gatto serve  a non farci dimenticare l’esistenza della spontaneità e dell’innocenza, anche nel turbinio di quella che noi definiamo vita avanzata.

Nella sua lungo evoluzione dai lupi addomesticati, il “ migliore amico dell’uomo “ è un lupo travestito da cane, ha subito diversi adattamenti al servizio dell’uomo, per non parlare dei ruoli ancora più specialistici per i quali sono stati addestrati: per prendere in bocca le uova degli uccelli e riportarle senza rompere  il guscio, per trovare i tartufi, individuare la presenza della droga negli aeroporti, fare da guida ai ciechi, seguire le traccia d criminali in fuga, partecipare alla corse dei cani, viaggiare nello spazio, recitare nei film. Nel corso della storia, qualche volta il cane è stato, suo malgrado,  ridotto ad un livello di condotta addirittura barbaro: durante l’impero romano a Capua (in Campania), esistevano oltre alle scuole per gladiatori, anche allevamenti di cani da guerra e da combattimento, esportati in tutto l’impero.

Erano i Canis pugnax : destinati a cani da guardia alle grandi ville tenuti per la loro grande aggressività. All’ingresso della villa bastava la targa con scritto “Cave canem”, per scoraggiare qualsiasi malandrino. Il molosso da guerra fu un efficace strumento di morte; molto aggressivo, bardato con un collare irto di punte di ferro, fu addestrato ad attaccare il nemico e ad ucciderlo, azzannandolo alla gola. Gli antichi  Galli per contro, si difendevano con cani “armati”, cioè dotati di pesanti collari provvisti di lame affilatissime, che si slanciavano così bardati sulla cavalleria romana, e facevano letteralmente a pezzi le zampe dei cavalli.

 Il cane, infine, animale tra i primi addomesticati dall’uomo, si è prestato generosamente ad interpretare molte favole, detti e proverbi, sin dai tempi più antichi. La favolistica classica se ne è impadronita, mettendogli addosso i panni sporchi degli umani difetti, delle debolezze e delle miserie proprie dell’uomo.  Già nella antica Grecia il favolista Esopo (VI sec. a. C.) inserì il cane, il gallo e la volpe, la cagna che portava la carne, per citarne solamente alcune, nelle favole. Il cane sarà attore di favole di un altro favolista nell’antica Roma, Fedro: il cane fedele; il cane che portava in bocca un pezzo di carne lungo l’argine del fiume.

E negli ultimi secoli, i Fratelli Grimm, Jean de la Fontaine, il nostro Trilussa hanno inserito il cane nelle loro favole.