
Nel suo ultimo libro “La mattina dopo” , Mondadori 2019, Mario Calabresi (ex direttore di Repubblica), riannoda il “fil rouge” del racconto drammatico della storia della sua famiglia ( l’uccisione a Milano di suo padre, il commissario Luigi Calabresi, papà di tre figli ancora piccoli, dei quali Mario, il primogenito, aveva soltanto due anni e mezzo), e di altre vittime del terrorismo, dal titolo “Spingendo la notte più in là” , Mondadori, aprile 2007.
In una mia recensione di quest’ultimo libro, pubblicata su un giornale telematico di Campobasso, affacciai l’ipotesi della “resilienza” intervenuta in aiuto del piccolo Mario, che aveva trovato l’appoggio di un genitore adottivo, dopo il trauma, per riprendere il suo cammino evolutivo, sostenuto dalla figura paterna del pittore Tonino Limite e dei nonni paterni e materni (Mario Capra e Maria Tessa Capra; Paride Calabresi e Amalia), che si presero cura degli orfani e dettero sostegno ai cuccioli della famiglia Calabresi.
Tonino Limite poi sposerà la vedova Gemma Capra Calabresi, diventando vero padre dei tre bambini e di un quarto, nato dalla sua relazione con Gemma Capra. Relazione che permetterà il recupero e il rialzarsi di tutta la famiglia del commissario ucciso.
A sostegno della “resilienza” intrapresa lentamente dal piccolo Mario, citai il libro di Boris Cyrulink “ I brutti anatroccoli” sul tema della rinascita dopo il trauma. Letta la mia recensione, Calabresi mi inviò una e-mail per ringraziarmi, dichiarando che riteneva azzeccato l’accostamento al libro di Cyrulink che non conosceva, come anche il concetto di” resilienza”in esso trattata.
Tornato in Italia dopo aver ricoperto l’incarico di inviato speciale della “Stampa” a New York, per assumere la direzione della testata stessa a Torino, pubblicò il libro “La fortuna non esiste”, Mondadori 2009, nel quale iI “fil rouge” della resilienza sarà la guida dei capitoli del libro (storia di “resilienza” di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi, dopo il naufragio, di ritorno alla vita dopo il trauma subito, dopo la perdita di un lavoro, il giorno dopo essere andato in pensione”, riportando nella prefazione, questo brano di Paul Claudel “Nel temperamento americano c’è una qualità, chiamata “resilience”, che abbraccia i concetti di elasticità,.di rimbalzo, di risorsa e di buon umore”. Anticipando così le tematiche che avrebbe solto ed approfondite ne “La mattina dopo”.
Mario Calabresi aveva in cuore l’intenzione di riprendere e completare la narrazione interrotta della storia famigliare, alla luce della “resilienza” di Cyrulnik, “ma non trovava il tempo per scriverlo, quando una mattina mi dissero che avevano scelto un altro direttore, al mio posto. La mia agenda diventò completamente vuota, il telefono si zittì, e quelle storie che volevo farne un libro erano la mia storia”.
Ha cominciato così il suo viaggio alla ricerca del “tempo lento” ritrovato, “dopo la fine del tempo scandito da riti, abitudini, appuntamenti, incontri, dopo anni passati a rincorrere notizie, ha avuto una conseguenza magica, l’ occasione di riscoprire la pazienza e il gusto di arrivare in anticipo. Imparare ad attendere, ad apprezzare la competenza e il ritmo naturale delle cose. Mi riconciliai con la profondità e la lentezza e mi fa fare pace con il telefono silenzioso. Scoprire nelle memorie che da troppo tempo aspettavano di parlarmi, tra gli amici che mi stavano a cuore, e dentro le storie che contenevano la soluzione”.
Come la storia di Adra, che “ mi ha sempre affascinato come ha vissuto dopo la guerra,la sua capacità di resilienza, la sua voglia di sorridere alla vita nonostante la tragedia, nonostante abbia perso nove parenti nel campo di concentramento e rimasta vedova quando era ancora giovane”.
Ma è la storia della sua famiglia il filo rosso come sempre nei libri di Calabresi. Il “Bricco con le vigne del trisnonno Alberto, pignorata dalla banca che il nipote Mario riesce in parte a ricomprare, onorando una promessa fatta alla nonna morente. La malattia e morte di Tonino Milite, pittore e scrittore, che è stato il padre adottivo di Mario.
Ma la figura centrale de “La mattina dopo” è la stessa del libro “Spingendo la notte più in là”, è la madre dell’autore, Gemma Capra Calabresi, questa grande donna che non chiedeva vendetta, non educa i figli nel rancore, ma trasmette una grande lezione: “Non guardare al passato con rabbia. Non si può cambiare ciò che è successo, bisogna farci pace. E prima lo si fa meglio è”.
Restava una cosa da fare, per mettere ordine e fare i conti con il passato. Il “giorno dopo” finisce quando i conti sono regolati: così Calabresi parte per Parigi,” per parlare con Giorgio Pietrostefani, l’uomo che è stato condannato per aver organizzato l’omicidio di mio padre…. Questi percorsi sono fatti di passi avanti e marce indietro, ma sono fondamentali per trovare una pace interiore. Così sono andato a incontrare quell’uomo… dovevo farlo. Adesso, il mio” giorno dopo” era finito davvero”.
In una mia recensione di quest’ultimo libro, pubblicata su un giornale telematico di Campobasso, affacciai l’ipotesi della “resilienza” intervenuta in aiuto del piccolo Mario, che aveva trovato l’appoggio di un genitore adottivo, dopo il trauma, per riprendere il suo cammino evolutivo, sostenuto dalla figura paterna del pittore Tonino Limite e dei nonni paterni e materni (Mario Capra e Maria Tessa Capra; Paride Calabresi e Amalia), che si presero cura degli orfani e dettero sostegno ai cuccioli della famiglia Calabresi.
Tonino Limite poi sposerà la vedova Gemma Capra Calabresi, diventando vero padre dei tre bambini e di un quarto, nato dalla sua relazione con Gemma Capra. Relazione che permetterà il recupero e il rialzarsi di tutta la famiglia del commissario ucciso.
A sostegno della “resilienza” intrapresa lentamente dal piccolo Mario, citai il libro di Boris Cyrulink “ I brutti anatroccoli” sul tema della rinascita dopo il trauma. Letta la mia recensione, Calabresi mi inviò una e-mail per ringraziarmi, dichiarando che riteneva azzeccato l’accostamento al libro di Cyrulink che non conosceva, come anche il concetto di” resilienza”in esso trattata.
Tornato in Italia dopo aver ricoperto l’incarico di inviato speciale della “Stampa” a New York, per assumere la direzione della testata stessa a Torino, pubblicò il libro “La fortuna non esiste”, Mondadori 2009, nel quale iI “fil rouge” della resilienza sarà la guida dei capitoli del libro (storia di “resilienza” di uomini e donne che hanno avuto il coraggio di rialzarsi, dopo il naufragio, di ritorno alla vita dopo il trauma subito, dopo la perdita di un lavoro, il giorno dopo essere andato in pensione”, riportando nella prefazione, questo brano di Paul Claudel “Nel temperamento americano c’è una qualità, chiamata “resilience”, che abbraccia i concetti di elasticità,.di rimbalzo, di risorsa e di buon umore”. Anticipando così le tematiche che avrebbe solto ed approfondite ne “La mattina dopo”.
Mario Calabresi aveva in cuore l’intenzione di riprendere e completare la narrazione interrotta della storia famigliare, alla luce della “resilienza” di Cyrulnik, “ma non trovava il tempo per scriverlo, quando una mattina mi dissero che avevano scelto un altro direttore, al mio posto. La mia agenda diventò completamente vuota, il telefono si zittì, e quelle storie che volevo farne un libro erano la mia storia”.
Ha cominciato così il suo viaggio alla ricerca del “tempo lento” ritrovato, “dopo la fine del tempo scandito da riti, abitudini, appuntamenti, incontri, dopo anni passati a rincorrere notizie, ha avuto una conseguenza magica, l’ occasione di riscoprire la pazienza e il gusto di arrivare in anticipo. Imparare ad attendere, ad apprezzare la competenza e il ritmo naturale delle cose. Mi riconciliai con la profondità e la lentezza e mi fa fare pace con il telefono silenzioso. Scoprire nelle memorie che da troppo tempo aspettavano di parlarmi, tra gli amici che mi stavano a cuore, e dentro le storie che contenevano la soluzione”.
Come la storia di Adra, che “ mi ha sempre affascinato come ha vissuto dopo la guerra,la sua capacità di resilienza, la sua voglia di sorridere alla vita nonostante la tragedia, nonostante abbia perso nove parenti nel campo di concentramento e rimasta vedova quando era ancora giovane”.
Ma è la storia della sua famiglia il filo rosso come sempre nei libri di Calabresi. Il “Bricco con le vigne del trisnonno Alberto, pignorata dalla banca che il nipote Mario riesce in parte a ricomprare, onorando una promessa fatta alla nonna morente. La malattia e morte di Tonino Milite, pittore e scrittore, che è stato il padre adottivo di Mario.
Ma la figura centrale de “La mattina dopo” è la stessa del libro “Spingendo la notte più in là”, è la madre dell’autore, Gemma Capra Calabresi, questa grande donna che non chiedeva vendetta, non educa i figli nel rancore, ma trasmette una grande lezione: “Non guardare al passato con rabbia. Non si può cambiare ciò che è successo, bisogna farci pace. E prima lo si fa meglio è”.
Restava una cosa da fare, per mettere ordine e fare i conti con il passato. Il “giorno dopo” finisce quando i conti sono regolati: così Calabresi parte per Parigi,” per parlare con Giorgio Pietrostefani, l’uomo che è stato condannato per aver organizzato l’omicidio di mio padre…. Questi percorsi sono fatti di passi avanti e marce indietro, ma sono fondamentali per trovare una pace interiore. Così sono andato a incontrare quell’uomo… dovevo farlo. Adesso, il mio” giorno dopo” era finito davvero”.