
LA REGRESSIONE INFANTILE
ovvero quando sembra che i bambini facciano dei passi indietro
La regressione che i bambini possono manifestare durante i loro primi anni di vita è l’espressione di un disagio e nel contempo una vera e propria richiesta d’aiuto che stanno rivolgendo a noi genitori e adulti.
Può accadere, con una discreta frequenza, che un bimbo che sta procedendo normalmente lungo il suo percorso di crescita e che ha già raggiunto delle tappe importanti nella conquista della sua autonomia faccia dei passi indietro e regredisca in una fase del suo sviluppo in cui la dipendenza dai genitori era maggiore e maggiori erano anche le attenzioni e le cure che riceveva; il bambino tramite questi comportamenti, richiede aiuto per superare un momento di difficoltà, e lo fa cercando di tornare indietro alla fase precedente dello sviluppo, in cui tutto era tranquillo e l’attenzione dei genitori era dedicata maggiormente a lui.
Questo comportamento risulta essere uno dei tanti meccanismi di difesa che i bimbi conoscono e di cui si possono servire per proteggersi da qualcosa che avvertono come particolarmente disagevole: potrebbe essere un momento particolare della crescita, una situazione difficile, uno stato di fatica generalizzata, un cambiamento importante in famiglia, la separazione dai genitori o anche un’esperienza traumatica vissuta in prima persona.
Bisogna però anche precisare che non sempre la regressione è sinonimo di un disagio: a volte infatti è semplicemente l’espressione del timore e della difficoltà del bambino di abbandonare lo stato precedente già conosciuto e per questo rassicurante, per lanciarsi in una fase nuova più eccitante ma sicuramente sconosciuta e potenzialmente pericolosa. Quindi ci possono essere periodi in cui il bambino fa molti progressi e altri in cui ha bisogno di una pausa e quasi fosse spaventato dai sui passi avanti, cerca maggiori rassicurazioni e attenzioni dall’esterno e dalle figure per lui importanti.
Quindi è importante non allarmarsi subito, ma osservare e valutare attentamente cosa sta succedendo; se ci troviamo di fronte ad una fisiologica difficoltà di adattamento alle fasi di crescita, noteremo come una maggiore vicinanza e disponibilità all’ascolto e all’accoglienza sosterranno il bambino che si mostrerà pronto a rimettersi spontaneamente in marcia.
Diversa è invece la situazione in cui la regressione persiste oltre il necessario e si manifesta in forma più rigida, come se il bambino non potesse più fare a meno di comportarsi in quel modo anche se il momento del cambiamento è passato. Oltre alla durata, vi è un altro elemento che ci deve preoccupare, e cioè l’intensità con la quale il comportamento si manifesta.
Quindi quando i comportamenti regressivi nei bambini sono sintomo di un disagio vero e proprio?
Ciò che può rappresentare un campanello di allarme, oltre al tempo, è anche la modalità brusca e repentina con la quale il comportamento o la variazione di umore si instaura.
Tra i comportamenti regressivi più comuni possiamo trovare:
- tornare a dormire con mamma e papà,
- fare pipì o cacca addosso,
- forte irritabilità, repentini cambiamenti d’umore
- somatizzazione (mal di testa, mal di pancia…),
- problemi del sonno,
- problemi alimentari,
- capricci e/o richieste eccessive e fuori misura,
- perdita della capacità di cura della propria persona,
- il linguaggio: balbuzie o peggioramento generale del modo di parlare,
- le paure: improvviso manifestarsi di paure, diurne o notturne.
Che fare dunque?
Di fronte a questi comportamenti i genitori non devono mai smettere di essere attenti osservatori, senza allarmarsi o preoccuparsi eccessivamente, ma valutando sempre con attenzione la situazione e il contesto all’interno del quale essi si collocano: accogliere il comportamento, non mortificare il bambino né sottovalutare la sua richiesta di attenzione vuol dire anche permettergli di esprimere il suo disagio e non farlo sentire solo davanti alle difficoltà.
La prima cosa da fare è non colpevolizzare il bambino per la regressione che sta avendo: non è una cosa che “fa apposta”, ma una manifestazione di disagio, e come tale va interpretata e trattata, dandogli la possibilità di parlare di ciò che lo sta turbando. Ciò che spaventa non è quasi mai un evento in se’, ma la mancata possibilità di elaborarlo: è importante quindi cercare di creare un clima relazionale che permetta al bambino di esprimere anche i sentimenti negativi.
L’espressione dei vissuti del bambino può essere facilitata a parole, ma anche attraverso il gioco simbolico (con bambole, pupazzi o altri oggetti), o attraverso la lettura di storie che riguardano quel tema.
Buona norma è anche quella di preparare i bambini (quando possibile) agli avvenimenti, spiegandogli nel modo più semplice e sincero possibile cosa sta accadendo e cosa accadrà, ed aiutandolo ad esprimere cosa ne pensa e come si sente.
Incoraggiamo infine il bambino e trasmettiamogli la certezza e la sicurezza che l’abilità momentaneamente persa è comunque nelle sue capacità e che lui sarà presto in grado di farcela.
Teniamo comunque presente che, rispetto a questi sintomi di disagio, nell’eventualità i genitori verificassero che effettivamente si tratta di comportamenti anomali e preoccupanti, insorge la necessità di rivolgersi a figure professionali competenti e in grado di apportare un intervento di aiuto specifico.