
“Il rinforzo positivo consiste nell’abbracciare un bambino quando fa qualcosa che non dovrebbe fare?”
E’ molto più di questo.
“RINFORZO” è un termine che viene utilizzato in una particolare corrente della psicologia, quella ”comportamentista”, e che si riferisce a quei tipi di risposta che, risultando positivi, favoriscono il ripetersi dei comportamenti che hanno stimolato la risposta stessa.
Alcuni studiosi, attraverso esperimenti sugli animali, avevano notato che un determinato comportamento tende a ripetersi nel tempo se le conseguenze sono positive per il soggetto, mentre tende a estinguersi in caso contrario, cioè se le conseguenze sono negative. Ciò che porta, quindi, a un incremento del comportamento si definisce “rinforzo”. Ciò che porta, invece, a estinguere un comportamento prende il nome di “punizione”.
Facciamo un esempio di “rinforzo positivo”. Se un bimbo, a fronte di un disagio, piange (comportamento) per allertare la mamma e quest’ultima risponde prontamente alla sollecitazione (risposta), il piccolo impara che la modalità del pianto è efficace e tenderà a ripeterla. Tale intervento materno ha altresì un’importante funzione educativa perché sostiene la competenza comunicativa e relazionale: sta dicendo al bambino che fa bene a richiamare l’attenzione per esprimere un suo bisogno e che la mamma è pronta a soddisfarlo. Certamente le modalità di risposta materna alle richieste varieranno in relazione all’età e alle competenze acquisite dal bambino; e quindi, di conseguenza, il bambino imparerà a esprimere i suoi bisogni in maniera sempre più matura e competente. Ecco quindi la valenza positiva di questo comportamento materno (rinforzo positivo): il bambino acquisisce sicurezza, fiducia nell’ascolto e nella comunicazione, stimolo a crescere e a incrementare dialogo e risorse individuali. Ma se la mamma non rispondesse (risposta) in alcun modo al pianto del bambino (comportamento), quest’ultimo imparerebbe che la modalità scelta per esprimere i suoi bisogni non è efficace, e quindi alla lunga tenderebbe ad abbandonare questa strada, perdendo anche però l’importante funzione della comunicazione e della relazione.
Sono rinforzi positivi anche le lodi, i regali, i giochi, le attività piacevoli, il cibo, insomma tutto ciò che piace al soggetto che riceve il rinforzo e che risultano essere per lui utili e proficue.
Più difficile è invece comprendere il concetto di “rinforzo negativo”: in questo caso infatti il meccanismo che lo genera è simile, ma la differenza sta nel fatto che il rinforzo risulta essere in qualche dannoso per il soggetto anche se lui apparentemente gli dà dei vantaggi e quindi lui è stimolato a ripeterlo.
Facciamo anche qui un esempio che ci aiuta a capire meglio.
Se un bambino ogni volta che ha una giornata importante a scuola inscena un malessere non reale (comportamento) e i genitori rispondono tenendolo sempre a casa (rinforzo), lui impara che il suo comportamento è utile per ottenere il risultato desiderato (evitare la prova scolastica) e tenderà a riproporlo; purtroppo ciò alla lunga si rivelerà essere controproducente sul rendimento scolastico e nuocerà alla sua crescita personale. Ecco che quindi in questo caso il rinforzo diventa negativo.
Da quanto esposto appare quindi evidente l’importanza dei rinforzi, siano essi positivi o negativi, nell’incentivare e motivare i comportamenti.
Saper riconoscere e utilizzare consapevolmente i rinforzi positivi rappresenta un ottimo strumento educativo: l’abilità sta nella capacità di utilizzare questo strumento in modo flessibile e soprattutto di inserirlo sempre in un contesto innanzitutto relazionale; si rischia altrimenti di utilizzare i rinforzi per “addestrare” e non per “educare”. I rinforzi svolgono il loro ruolo, possono essere utili, ma sono solo uno degli ingredienti di un rapporto educativo.
Tornando infine alla domanda che ha aperto quest’approfondimento, possiamo rispondere che il “rinforzo positivo” è un concetto molto più ampio e sfaccettato di una semplice accoglienza; nella gamma degli strumenti educativi a nostra disposizione può sicuramente rivelarsi utile: rispondere avvicinandoci a quel bimbo e chiedendogli il perché di quel suo comportamento non corretto, ascoltarlo e spiegandogli con calma le motivazioni per le quali ciò che ha fatto non va bene, può rappresentare un esempio di rinforzo positivo nel momento in cui apre il dialogo e stimola alla crescita.
Scusami, ma a me risultava che il rinforzo negativo consistesse nell’ottenere un comportamento virtuoso mediante la ‘sottrazione di un elemento fastidioso. Esempio, l’allarme per mettere la cintura di sicurezza: ci si mette la cintura (comportamento virtuoso auspicato) per eliminare (dovrei dire negare) il fastidio dato dall’allarme. Ho capito male quindi?
Nei rinforzi di tipo negativo l’elemento rinforzante (ciò che porta ad un incremento del comportamento) è, invece, un elemento negativo che viene sottratto o evitato.
Due esempi per comprendere meglio il concetto che non è semplicissimo.
Una bambina che non vuole andare a scuola (situazione avversa) se scopre che lamentando continui mal di pancia o mal di testa (comportamento) viene tenuta a casa dai genitori (elemento rinforzante), sarà portata a riproporre ogni mattina la lamentela. Permettere alla bambina di rimanere a casa sottraendola dalla situazione spiacevole dello andare a scuola è, quindi, un rinforzo sul comportamento inadeguato del manifestare un malessere somatico per evitare una situazione temuta proprio perché porterà ad un ripresentarsi di tale comportamento.
Un secondo esempio potrebbe essere il caso di un bambino che a scuola ogni volta che gli viene richiesto di fare un compito (situazione spiacevole) inizia ad alzarsi e girovagare per la classe (comportamento) evitando di affrontare i compiti (elemento rinforzante). Anche in questo caso permettere al bambino di evitare di terminare il compito che rappresenta per lui una situazione spiacevole è, quindi, un rinforzo sul comportamento inadeguato di alzarsi e camminare in giro per la classe, comportamento che quindi tenderà a ripresentarsi.